Tutela del Possesso dell’Archivio delle Certificazioni di Autenticità di Opere d’Arte

Tutela del Possesso dell’Archivio delle Certificazioni di Autenticità di Opere d’Arte: un Caso di Spoglio Possessorio

Nell’ambito della problematica inerente la protezione del possesso dei beni artistici, si colloca una vicenda giudiziaria di rilevante interesse che ha coinvolto un artista italiano e il suo Archivio di Certificazioni di Autenticità di Opere d’Arte. Questo caso, oltre a sollevare questioni cruciali di diritto sostanziale e processuale, offre uno spunto significativo per riflettere sulla tutela del possesso in campo culturale e artistico.

In particolare, il Tribunale chiamato a pronunciarsi sulla domanda di reintegrazione nel possesso avanzata dall’Artista ne ha affermato la fondatezza, ordinando la reintegra nel possesso dell’Archivio sottratto senza il consenso del legittimo possessore. La decisione costituisce un importante precedente nella giurisprudenza italiana, riconoscendo piena tutela legale al possesso delle attestazioni di autenticità e provenienza di opere d’arte nella persona dell’Artista che li ha realizzati e raccolti minuziosamente nel corso degli anni.

I Fatti Essenziali

L’Artista, figura di spicco nel panorama dell’arte ottico-cinetica italiana, aveva creato e conservato un Archivio cartaceo delle autentiche delle proprie opere all’interno della propria abitazione/casa coniugale, nella libreria personale. Questo Archivio, corredato di riproduzioni fotografiche delle opere (circa 3200), numerate e firmate, era organizzato in diversi raccoglitori e suddiviso per tipologie. Ogni riproduzione fotografica corrisponde numericamente all’opera riprodotta e, anch’essa sottoscritta dall’artista, ne attesta l’autenticità e la provenienza.  Ha, quindi, finalità di memoria futura d’inerenza all’artista e di autenticità verso terzi e costituisce, strumento indispensabile per contrastare le falsificazioni e ai fini della vendita diretta e/o indiretta (per il tramite di gallerie e/o case d’asta) che l’Artista voglia fare delle proprie opere

L’azione possessoria patrocinata da GA, nella persona dell’avv. Maria Francesca Albertini, è stata promossa per riportare l’Artista nel possesso dell’Archivio cartaceo delle autentiche delle proprie opere, che gli era stato illegittimamente sottratto attraverso un’azione che il Tribunale ha ritenuto integrasse gli estremi dello spoglio violento e clandestino.

Il Certificato di Autenticità: Il Passaporto Essenziale per l’Arte Contemporanea

L’art. 64 del Codice dei Beni Culturali (D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), rubricato “Attestati di autenticità e di provenienza”, prevede unicamente un obbligo, in capo a chi esercita l’attività di vendita abituale di opere di pittura, scultura, grafica o di oggetti di antichità e d’arte o di interesse storico o archeologico di consegnare all’acquirente “la documentazione relativa attestante la autenticità o, almeno, la probabile attribuzione e la provenienza delle opere” o, in mancanza, di rilasciare “una dichiarazione recante tutte le informazioni disponibili sull’autenticità o la probabile attribuzione e la provenienza” dell’opera. Questa norma trova applicazione anche alle opere d’arte contemporanea (cioè, quelle di autore vivente o la cui esecuzione non risalga a oltre 70 anni) che, come è noto, sono – per il resto – escluse dalla normativa codicistica.

Poiché la Legge sul diritto d’autore (L. 22 aprile 1941, n. 633) stabilisce, all’art. 20, che l’autore ha “il diritto di rivendicare la paternità dell’opera”, quando questi è in vita, sarà lui stesso a rilasciare (o negare) le autentiche delle proprie opere.

Il certificato di autenticità è il primo documento che deve essere consegnato al momento dell’acquisto di un’opera d’arte, di cui deve attestare la paternità, incidendo in maniera significativa sulla valutazione della stessa, sia da un punto di vista artistico, sia economico.

L’autentica è il vero e proprio passaporto dell’opera d’arte. Deve contenere una descrizione dettagliata del lavoro, nello specifico: immagine dell’opera, nome dell’artista, titolo, anno di realizzazione, specifiche tecniche (materiali utilizzati e dimensioni), numero di copie (in caso di opera fotografica o scultorea), provenienza, firma e/o timbro del soggetto che rilascia la dichiarazione e deve essere consegnata dal venditore al collezionista al contestualmente all’acquisto.

Se l’artista è vivente, il certificato di autenticità viene rilasciato per legge dal gallerista, o dall’artista stesso in caso di vendita diretta.

In Italia, quindi, il diritto di autenticare un’opera d’arte spetta, in primo luogo, all’artista ai sensi dell’art. 20 della legge sul Diritto d’autore (legge n. 633 del 22 aprile 1941). Alla morte dell’artista tale diritto morale di attribuzione della paternità dell’opera è esercitabile dai suoi eredi (o meglio dai soggetti indicati dall’articolo 23 della legge suddetta) o da archivi, fondazioni, comitati di esperti o associazioni che siano mandatari degli eredi medesimi.

Poiché il certificato di autenticità è finalizzato all’attribuzione della paternità dell’opera, quando non è rilasciato dall’artista può essere facilmente contestato, poiché costituisce una mera opinione degli eredi o dei loro mandatari.

L’esperimento dell’azione possessoria e la decisione del Tribunale

Dopo vani tentativi di ottenere la restituzione del proprio Archivio, l’Artista ha avviato un’azione possessoria ai sensi dell’articolo 1168 del Codice Civile per ottenere la reintegrazione nel possesso del bene sottratto. L’Archivio era stato prelevato senza il consenso del legittimo possessore. Lo spoglio, avvenuto in modo clandestino, ha privato l’Artista della possibilità di esercitare il controllo su un bene essenziale per la propria attività artistica.

Tribunale di Padova, chiamato a decidere, ha ritenuto fondata la domanda di reintegrazione proposta, riconoscendo che il prelievo del bene abbia integrato gli estremi di uno spoglio (inteso come privazione del possesso di un bene) violento (in quanto contrario alla volontà del possessore),e clandestino (realizzato senza l’autorizzazione del possessore), e posto in essere con l’intento di privare l’Autore del possesso (animus spoliandi), in violazione dell’articolo 1168 c.c., condannando, per l’effetto, lo spoliator alla restituzione delle certificazioni di autenticità delle opere.

La dimostrazione che l’artista possedesse l’archivio in epoca antecedente lo spoglio ha determinato l’esito favorevole dell’azione. Le produzioni fotografiche riproducenti la biblioteca presso cui era conservato l’archivio dall’artista prima e dopo lo spoglio, il deposito dell’archivio digitale su supporto informatico a constatazione della risalente data di inizio del lavoro di catalogazione da parte del ricorrente hanno suggellato la certezza del possesso esercitato dal cliente.

Di particolare incisività sono state anche le allegazioni a contestazione della difesa avversaria. Controparte faceva perno sulla asserita paternità dell’archivio da parte dell’associazione culturale costituita dal figlio dell’artista, la quale fondava la sua fortuna proprio sull’attività di promozione, pubblicità e commercio delle opere dell’artista.

La dimostrazione dell’operato illegittimo avversario ha riguardato trasversalmente, negli atti, la costituzione della fondazione a totale insaputa dell’artista, l’assenza, nel verbale di modifica della sede della fondazione, dei dettagli tecnici e formali indispensabili, tra i quali l’assenza di tutti i soci fondatori nella delibera di modifica della sede. La Fondazione aveva, insomma, agito senza alcuna legittimazione.

Come affermato dalla giurisprudenza consolidata, cui si è uniformato il Giudice Patavino, lo spoglio può configurarsi anche in assenza di un titolo giuridico formale da parte del possessore. Per ottenere la tutela possessoria, è sufficiente dimostrare di aver esercitato il possesso del bene e che tale possesso sia stato interrotto o compromesso; non è necessario provare la titolarità formale del diritto di proprietà.

Nel caso di specie, l’Artista aveva sempre avuto accesso al proprio Archivio, custodito nella propria abitazione. La perdita del possesso dello stesso non solo gli arrecava un danno diretto, ma avrebbe potuto altresì favorire la realizzazione di falsi mettendo a serio rischio l’autenticità delle opere, in tal modo minando la fiducia del pubblico.

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