Strumenti di tutela giuridica contro misure commerciali discriminatorie

Azione multilivello a favore delle imprese esportatrici
Premessa Generale

Le misure tariffarie introdotte dagli Stati Uniti colpiscono direttamente una serie di settori strategici europei. In particolare, sono soggetti a dazi:

  • le automobili e componentistica auto, con un dazio fino al 25% ai sensi della Section 232;
  • i prodotti siderurgici e in alluminio, colpiti da dazi del 25% e 10% rispettivamente;
  • i prodotti agroalimentari (vini, formaggi, olio d’oliva), soggetti a dazi addizionali;
  • beni manifatturieri, apparecchiature meccaniche ed elettroniche.

L’elenco completo è disponibile presso l’Ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti (USTR) e si basa sulla classificazione doganale (HS Code) e sull’origine preferenziale del prodotto.

Con l’annuncio da parte dell’amministrazione statunitense dell’introduzione di nuove tariffe generalizzate sulle importazioni – tra cui un dazio del 10% su tutte le merci importate e un ulteriore dazio del 20% sui beni originari dell’Unione Europea – si apre una fase di tensione sistemica nel commercio internazionale. Tali misure, adottate sulla base della Section 301 del Trade Act del 1974 e della Section 232 del Trade Expansion Act del 1962, sono espressione di una crescente tendenza unilaterale della politica commerciale USA.

La situazione è stata aggravata dalla recente decisione degli Stati Uniti di notificare il recesso dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), ai sensi dell’art. XVI:5 dell’Accordo di Marrakesh. Questa decisione comporta la cessazione degli obblighi multilaterali assunti dagli Stati Uniti, l’inapplicabilità del Dispute Settlement Mechanism (DSM) nei loro confronti e la crisi del sistema multilaterale di tutela giuridica del commercio.

Audit e gestione preventiva del rischio

In risposta, le imprese europee devono attivare tempestivamente un audit interno, finalizzato alla valutazione del rischio tariffario e alla verifica della resistenza giuridica dei propri contratti commerciali internazionali. L’audit deve comprendere:

  • l’analisi degli effetti economici dei dazi sulle singole voci doganali;
  • a valutazione della possibilità di trasferire l’onere tariffario;
  • la verifica delle clausole contrattuali esistenti (clausole di hardship, change in law, revisione prezzi);
  • la riclassificazione dell’origine doganale e l’eventuale riorganizzazione delle supply chain.

I. Public Enforcement – Azione delle Istituzioni

1. A livello dell’Unione Europea:

L’Unione Europea dispone di diversi strumenti normativi per rispondere a misure discriminatorie o coercitive adottate da Paesi terzi:

  • Il Regolamento (UE) 2021/167 consente all’UE di adottare contromisure autonome in caso di violazione di obblighi internazionali;
  • Il Regolamento (UE) 2023/2675 (strumento anti-coercizione) permette di reagire a pratiche coercitive con dazi, esclusione da appalti e altre misure;
  • Il Regolamento (UE) 2022/2560 (FSR – Foreign Subsidies Regulation) permette di contrastare gli effetti distorsivi di sussidi esteri in appalti e investimenti.

Tali strumenti possono essere attivati previa raccolta di evidenze economiche e giuridiche da parte delle imprese, in coordinamento con le autorità nazionali e con il supporto politico del Parlamento e del Consiglio UE. In particolare, l’art. 13 dell’ACI (Strumento anti-coercizione) disciplina una raccolta di informazioni particolarmente mirata da parte, anche, delle imprese (art.13.2 “Ai fini del paragrafo 1, la Commissione informa e consulta i portatori di interessi, in particolare le associazioni che agiscono a nome degli operatori economici e i sindacati, che potrebbero essere interessati da eventuali misure di risposta dell’Unione, così come le autorità degli Stati membri coinvolte nella preparazione o nell’attuazione della legislazione che disciplina i settori che potrebbero essere interessati da tali misure”).

II. Private Enforcement – Tutela individuale

Le imprese possono esperire azioni giurisdizionali nei confronti delle autorità statunitensi:

  • dinanzi alla U.S. Court of International Trade (CIT), contestando l’illegittimità di dazi sulla base dell’Administrative Procedure Act e della Commerce Clause;
  • presso la U.S. International Trade Commission (USITC), chiedendo accertamenti sull’effetto settoriale delle misure tariffarie;
  • mediante class actions promosse da importatori o consorzi danneggiati.

Precedenti rilevanti includono Transpacific Steel LLC v. United States (2020), con cui la CIT ha annullato dazi per violazione della separation of powers, e Aluminum Association v. United States (2021), relativo a violazioni dell’APA.

Oltre ai canali giudiziari nazionali, le imprese europee possono attivare strumenti di tutela internazionale, basati su accordi internazionali di commercio e investimento (FTAs e IIAs), trattati bilaterali di investimento (BITs) e sulla Convenzione ICSID del 1965. Sebbene il BIT Italia-USA sia stato denunciato, alcune società europee possono invocare BIT ancora in vigore firmati da Stati membri UE, come i Paesi Bassi o la Germania, beneficiando così di una ‘struttura multilivello’. Non solo: è possibile che operatori economici italiani abbiano investito negli Stati Uniti tramite imprese costituite in Canada o in Messico: ciò può comportare l’attivazione dell’accordo UMSCA (in vigore dal 1° luglio 2023). L’arbitrato può essere attivato in presenza di misure assimilabili a espropriazione indiretta, violazione del trattamento equo e giusto (FET) o discriminazione.

Precedenti rilevanti includono:

  • Metalclad v. Mexico: misura ambientale assimilata a espropriazione;
  • CMS v. Argentina: violazione del FET per interventi normativi straordinari;
  • Occidental v. Ecuador: revoca arbitraria di concessione petrolifera ritenuta espropriativa.
  • Vento Motorcycles Inc. v. Mexico (6 luglio 2020): una joint venture costituita in Messico da investitori americani e colpita da dazi messicani (cd. trade-related measures) è stata ritenuta un investimento tutelabile ai sensi del NAFTA (poi sostituito dall’UMSCA).

Laddove l’investimento configuri una presenza stabile (joint venture, filiale, stabilimento), ovvero un’operazione economica di una certa durata (attraverso partecipazioni societarie e diritti contrattuali) l’arbitrato rappresenta uno strumento efficace e complementare alle azioni amministrative o giurisdizionali.

III. Arbitrato Internazionale e Trattati Bilaterali

1. Arbitrati investitore-Stato:

Le imprese europee con investimenti negli USA possono attivare procedure arbitrali sulla base dei trattati bilaterali (BIT). Il BIT Italia-USA del 1983, sebbene denunciato nel 2013, prevede una sunset clause di 10 anni che potrebbe ancora coprire investimenti effettuati prima del 2013. Alcuni BIT conclusi da altri Stati membri UE (es. Paesi Bassi, Germania) risultano ancora attivi e possono offrire accesso indiretto alla tutela ISDS.

Precedenti significativi in sede ICSID includono Metalclad v. Mexico e CMS v. Argentina, che hanno confermato la responsabilità statale per misure equivalenti a espropriazione indiretta o violazione del trattamento equo e giusto (FET).

IV. Impatti sistemici e amministrativi

1. Impatto su amministrazioni pubbliche:

Le stazioni appaltanti potrebbero trovarsi a gestire incrementi di prezzo per beni soggetti a dazi, richieste di revisione dei corrispettivi o contenziosi. Inoltre, devono valutare l’ammissibilità di operatori statunitensi ora non coperti da obblighi di reciprocità.

2. Foreign Subsidies Regulation (FSR):

Le imprese extra-UE che beneficiano di sussidi statali potrebbero essere escluse da appalti o soggette a controllo in operazioni di concentrazione. Il FSR rappresenta uno strumento di enforcement strategico nell’attuale contesto post-OMC.

V. Classificazione doganale e regole di origine

Quando un prodotto originario dell’UE viene esportato negli Stati Uniti e lì sottoposto a lavorazione, è fondamentale determinare se la trasformazione operata sia sufficiente a modificare l’origine doganale del bene. Secondo i principi del diritto doganale internazionale e della normativa WCO (World Customs Organization), si considera mutata l’origine quando si realizza una ‘trasformazione sostanziale’, che implica un cambiamento della voce doganale a livello di codice HS (c.d. ‘regola del salto di voce’).

Se la lavorazione effettuata negli USA è ritenuta sostanziale:

  • il prodotto finale può acquisire origine USA;
  • ciò può incidere sulla sua eleggibilità a benefici tariffari al momento della reimportazione in UE (es. in caso di regole di origine preferenziale);
  • vi è il rischio che il prodotto venga sottoposto a dazi sia in entrata negli USA sia al momento del ritorno nell’UE, in assenza di un meccanismo di compensazione doganale.

Diversamente, se la trasformazione è meramente accessoria (es. semplice imballaggio o montaggio), l’origine rimane UE. Le imprese devono quindi predisporre audit documentali, certificazioni di origine e valutazioni tecniche accurate per prevenire rischi di contestazioni e doppia imposizione.

La determinazione corretta del codice doganale (HS code) e dell’origine del prodotto è fondamentale per stabilire l’assoggettamento ai dazi. In caso di esportazione in USA e successiva lavorazione, è essenziale stabilire se la trasformazione sia sufficiente a modificare l’origine. La mancanza di accordi preferenziali post-recesso comporta rischi di doppia imposizione e richiede tracciabilità accurata.

Conclusioni

La disgregazione dell’ordine commerciale multilaterale e l’adozione di misure discriminatorie da parte degli USA impongono un approccio integrato, fondato su audit interni, enforcement UE, strumenti contrattuali e arbitrati internazionali. Solo un coordinamento efficace tra operatori economici, istituzioni pubbliche e autorità europee potrà garantire la tutela dell’interesse economico nazionale ed europeo.

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