Diritto processuale civile
1) PEC: la prova non si estende al contenuto del documento allegato.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 10091 del 15 aprile 2024, ha ribadito il principio secondo cui la posta elettronica certificata (PEC) è idonea a dimostrare l’invio del messaggio, ma non a garantire il contenuto del documento ad essa allegato.
La Suprema Corte, in particolare, ha precisato che la PEC è idonea a certificare la provenienza e la data dell’invio del messaggio, ma non consente di dedurre che anche il documento allegato sia effettivamente riferibile al suo autore e che contenga ciò che si dichiara. La Corte, infatti, spiega che, se all’e-mail PEC è stato allegato un file con un determinato nome, estensione, formato e dimensioni, la ricevuta lo attesterà, ma non farà prova del contenuto del file. Per dimostrare il contenuto del documento allegato è necessario che su di esso sia apposta la firma digitale che ne certifichi la provenienza e l’integrità.
2) Condanna agli “interessi legali”: le Sezioni Unite sul saggio d’interesse.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 12449 del 7 maggio 2024, hanno stabilito che, qualora il giudice disponga il pagamento degli “interessi legali” senza alcuna ulteriore specificazione, deve intendersi che la misura degli interessi, decorrenti dopo la proposizione della domanda giudiziale, corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, cod. civ..
In particolare, la Corte di Cassazione ha affermato che “ove il giudice disponga il pagamento degli «interessi legali» senza alcuna specificazione, deve intendersi che la misura degli interessi, decorrenti dopo la proposizione della domanda giudiziale, corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, cod. civ. se manca nel titolo esecutivo giudiziale, anche sulla base di quanto risultante dalla sola motivazione, lo specifico accertamento della spettanza degli interessi, per il periodo successivo alla proposizione della domanda, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”.
Le Sezioni Unite, nel proprio percorso argomentativo, muovono dalla premessa che il quarto comma dell’art. 1284 cod. civ., relativo ai c.d. “super interessi”, non integra un mero effetto legale della fattispecie costitutiva degli interessi, ma rinvia ad una fattispecie, i cui elementi sono in parte integrati da ulteriori presupposti, suscettibili di autonoma valutazione giudiziale rispetto al mero apprezzamento della spettanza degli interessi nella misura legale. In sostanza, oggetto di accertamento, a seguito della introduzione della controversia con la deduzione in giudizio di un determinato rapporto giuridico, sarà anche la ricorrenza dei presupposti applicativi dell’art. 1284, comma 4 cod. civ., che consente l’applicazione del saggio degli interessi legali previsto dalla legislazione speciale per i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
3) L’e-mail non contestata fa piena prova del patto aggiunto al contratto.
Con la Sentenza n. 14046 del 21 maggio 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della validità ed efficacia probatoria dei messaggi di posta elettronica non sottoscritti con firma elettronica qualificata o digitale, ai fini della soddisfazione del requisito della forma scritta ad probationem di cui all’art. 1888 cod. civ.. La Suprema Corte, in particolare, ha stabilito che i messaggi di posta elettronica non sottoscritti con firma elettronica qualificata o digitale possono comunque soddisfare il requisito della forma scritta ad probationem ex art. 1888 cod. civ. se valutati in base alle loro caratteristiche oggettive di sicurezza, integrità e immodificabilità, e non possono essere esclusi a priori dal materiale probatorio per la sola mancanza della firma digitale.
Diritto bancario
1) La validità delle clausole anatocistiche precedenti al 2000.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 8639 del 2 aprile 2024, si è pronunciata in tema di clausole anatocistiche stabilite in un contratto di conto corrente antecedentemente alla delibera CICR del 9 febbraio 2000 ribadendo il principio ormai pacifico in giurisprudenza secondo cui occorre sempre una nuova approvazione per iscritto delle medesime.
In particolare, la Corte ha sottolineato che “la condizione prevista dalla delibera CICR quale limite della possibilità della banca di operare un valido adeguamento delle condizioni contrattuali alle disposizioni della delibera attuativa del T.u.b. è incentrata sul fatto che le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate” e, dunque, che “ciò implica una valutazione relazionale tra le nuove e le vecchie condizioni del contratto, non anche invece […] tra le nuove condizioni e quelle anteriori epurate da ogni forma di capitalizzazione”.
2) Estratti conto incompleti nei rapporti bancari: la posizione della Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 11735 del 2 maggio 2024, ha stabilito che nei rapporti bancari di conto corrente, una volta esclusa la validità delle clausole contrattuali relative a interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista, e in presenza di estratti conto incompleti, la proposizione di contrapposte domande da parte della banca e del correntista implica che ciascuna delle parti sia onerata della prova della propria pretesa. Se non vi sono prove sufficienti per determinare il saldo nel periodo non documentato ed in mancanza di allegazioni delle parti in merito all’esistenza di un credito o di un debito di un certo importo in quel periodo, il Giudice deve determinare il rapporto di dare e avere con riguardo al periodo successivo documentato dagli estratti conto, azzerando il saldo iniziale del primo di essi.
3) Mutuo bancario a tasso fisso: chiarimenti delle Sezioni Unite sulla validità del piano di ammortamento “alla francese”.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 15130 del 29 maggio 2024, si sono pronunciate con riguardo alla questione inerente al mutuo bancario a tasso fisso con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento “alla francese”. Nel risolvere il persistente contrasto giurisprudenziale, la Corte ha affermato il principio secondo cui non è causa di nullità parziale del contratto di mutuo bancario la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione “composto” degli interessi debitori, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto, né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti.
Diritto societario
1) Postergazione dei finanziamenti soci: la Cassazione chiarisce la natura e gli effetti.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 14575 del 24 maggio 2024, ha sancito il principio secondo cui la postergazione dei finanziamenti soci ex art. 2467 cod. civ. ha natura legale. Sebbene non trasformi il prestito da finanziamento a conferimento, con esclusione del diritto al rimborso, incide sull’ordine di soddisfazione dei crediti già durante la vita della società, e non solo in caso di apertura del concorso con gli altri creditori sociali, creando una condizione di inesigibilità legale e temporanea del diritto del socio alla restituzione.
La Suprema Corte, inoltre, ha sottolineato che, in caso di pretesa di rimborso del socio, il Giudice di merito dovrà verificare la sussistenza di tale condizione di inesigibilità, questione che deve essere sindacata d’ufficio poiché rappresenta un fatto impeditivo del diritto alla restituzione del finanziamento. Infine, è stato chiarito che l’onere probatorio sulla natura dell’erogazione del denaro è a carico del socio che richiede la restituzione.
2) Obbligo di rendiconto e diritto di amministrazione nella società semplice. I chiarimenti della Cassazione.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 16043 del 10 giugno 2024, ha stabilito che, nella società semplice, la legge riconosce a tutti i soci il diritto di amministrare. Anche nel caso in cui alcuni soci si astengano dall’amministrare, affidando la gestione agli altri, essi mantengono il diritto di ricevere tutte le informazioni inerenti allo svolgimento degli affari sociali. Pertanto, sottolinea la Corte, la violazione dell’obbligo di rendiconto può costituire una grave inadempienza delle obbligazioni derivanti dal contratto sociale, tale da incidere sull’affectio societatis e legittimare l’esclusione del socio-amministratore.
3) La delibera di determinazione del compenso degli amministratori: il conflitto di interessi nella giurisprudenza della Cassazione.
La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 10889 del 23 aprile 2024, ha stabilito che la delibera di quantificazione del compenso degli amministratori non è invalida per conflitto di interessi, ancorché adottata con il voto determinante dell’amministratore “interessato” che abbia partecipato all’assemblea in veste di socio, poiché essa, pur consentendogli di conseguire un suo interesse personale, non comporta, di per sé, un pregiudizio all’interesse sociale. In particolare, la Suprema Corte ha evidenziato come non sussista ex se un’incompatibilità tra l’interesse personale perseguito dal socio-amministratore e quello della società, soprattutto in casi come quello sottoposto alla sua attenzione, in cui la delibera potenzialmente invalida ha quale effetto la riduzione del compenso dell’organo gestorio a causa delle difficoltà economiche della società.
Diritto fallimentare e concorsuale
1) La società incorporata, qualora insolvente, è assoggettabile a fallimento.
La Corte di Cassazione, conl’Ordinanza n. 14414 del 23 maggio 2024, ha affermato il principio secondo cui, in tema di fusione per incorporazione, la società incorporata, qualora insolvente, è assoggettabile a fallimento, ai sensi dell’art. 10 L. Fall., entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese. La Corte, in particolare, ha precisato che il fatto che l’incorporante si avvalga della stessa azienda dell’incorporata, nella cui titolarità subentra, non implica la continuazione della medesima attività di impresa. Inoltre, risulta irrilevante che i debiti siano stati assunti dall’incorporante, che quest’ultima non sia fallita, che essa sia insolvente o meno e che non vi siano state richieste di pagamento nei suoi confronti, poiché il fallimento dell’incorporata deriva dalla sua insolvenza e dal mancato decorso dell’anno ex art. 10 L. Fall.
2) Se la società non è ammessa al concordato, il professionista non ha diritto al compenso.
La Suprema Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 17002 del 20 giugno 2024, ha affermato che il cliente può sollevare l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ., qualora l’errore professionale, il mancato o inesatto adempimento imputabile al professionista, abbia determinato la definitiva perdita del diritto del cliente, rendendo quindi del tutto inutile l’attività espletata. In tale circostanza, la Corte sottolinea la liceità e la non contrarietà al principio di buona fede dell’esercizio di autotutela del committente a fronte di una prestazione oggettivamente inidonea al conseguimento del proprio interesse. Pertanto, in caso di mancato adempimento e totale improduttività della prestazione professionale, il professionista non vanta alcun diritto al compenso.
3) Nel giudizio promosso dal fallimento per il recupero di un credito del fallito, la compensazione costituisce un’eccezione riconvenzionale.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 13345 del 14 maggio 2024, ha statuito che, nel giudizio promosso dal curatore per il recupero di un credito del fallito, il convenuto può eccepire in compensazione, in via riconvenzionale, l’esistenza di un proprio controcredito verso il fallimento. Questa eccezione è diretta esclusivamente a neutralizzare la domanda attrice, ottenendone il rigetto totale o parziale, mentre il rito speciale per l’accertamento del passivo previsto dagli artt. 93 e ss. L. Fall. trova applicazione solo in caso di domanda riconvenzionale, tesa ad ottenere una pronuncia a sé favorevole che accerti o condanni al pagamento dell’importo spettante dopo la compensazione.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva dichiarato inammissibile - qualificandola erroneamente come domanda riconvenzionale e non come eccezione riconvenzionale - la domanda della società concedente diretta ad accertare il suo diritto ad ottenere l’equo compenso previsto dal contratto di leasing in caso di inadempimento dell’utilizzatore, al solo fine di paralizzare la domanda del fallimento relativa alla restituzione dei canoni corrisposti in esecuzione del contratto.
Proprietà intellettuale e Privacy
1) Protezione dell’indicazione geografica di provenienza dei prodotti protetti da privative industriali. La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 10350 del 17 aprile 2024, ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Brescia n. 1402/2022 ritenendo che la condotta “evocativa” vietata dall’art. 13, par. 1, lett. B) del Regolamento UE n. 1151 del 2012 deve riguardare una caratteristica
2) Comunione del marchio: licenze esclusive e consenso unanime.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 10637 del 19 aprile 2024, ha affermato che, in caso di comunione su un marchio, il contratto di licenza d’uso a terzi in via esclusiva richiede il consenso unanime dei contitolari. La concessione dell’esclusiva, infatti, priva i contitolari del godimento diretto dell’oggetto della comunione e, pertanto, deve rispettare quanto disposto dall’art. 1108, primo e terzo comma, cod. civ.. Inoltre, la Corte ha precisato che, anche se la licenza esclusiva è stata concessa con accordo unanime, ciascun contitolare può revocare il proprio consenso, richiedendo una nuova negoziazione dell’accordo con l’unanimità dei consensi.