Conseguenze e rimedi per le aziende italiane ed europee
13 Gennaio 2025 – A cura dello studio legale Melchionna PLLC, New York
Esiste un rischio concreto per le aziende italiane ed europee che esportano beni e servizi negli USA, a partire dal 20 gennaio 2025, con l’insediamento della nuova amministrazione Trump? Facciamo riferimento a quelle imprese che operano in molteplici settori tra cui: materie prime, manifattura, fashion, food, beverage e alcohol, meccanica e componentistica, chimico, solo per citarne alcuni.
Lo scenario
Durante la campagna elettorale, Trump ha affermato di voler prendere di mira Cina ed Europa e adottare le stesse misure già prese durante la sua prima amministrazione, cioè quando acciaio ed alluminio, ad esempio, furono colpiti rispettivamente da tariffe del 25% e del 10%. Questa volta però Trump ha promesso tariffe protezionistiche generalizzate tra il 10% ed il 20%. Da notare che l’Europa è già stata minacciata di nuove tariffe se si rifiuterà di importare i prodotti energetici dagli USA (carbone, petrolio e gas). Trump ha anche dichiarato di voler introdurre il 100% di tariffe contro il blocco dei “BRIC” (Brasile, India, Cina, Sud Africa , Egitto, Etiopia, Iran e UAE), se lo stesso deciderà di adottare una moneta concorrente al dollaro.
1. Le previsioni economiche in caso di nuove tariffe per l’Europa sono negative
Preliminarmente, gli effetti di nuove tariffe sui beni e servizi importati negli USA avranno l’effetto di renderli più costosi per i consumatori americani (aspetto che – come affermano numerosi osservatori – nel lungo termine danneggerà Trump politicamente), favorendo un aumento dell’inflazione.
Circa l’economia europea, le previsioni mostrano che le tariffe contribuiranno ad affliggere un’economia già stagnante. Alcuni economisti di Citi Bank osservano che nuove tariffe indistinte del 10% saranno in grado di ridurre il GDP dell’area europea dello 0.3% nell’arco di due anni. Il valore delle società europee potrebbe quindi ridursi di un 1% o 2% ad azione. Gli investitori, istituzionali e non, hanno già dato segni di voler disinvestire dall’area europea e dai settori produttivi che con maggiore probabilità verranno colpiti dalle tariffe e questo implicherà un’ulteriore rarefazione del credito. Le occasionali esenzioni tariffarie avranno certamente una giustificazione politica.
L’Istituto Economico Tedesco (IW) ha calcolato che le nuove tariffe di Trump costeranno alla Germania circa 180 miliardi di euro in quattro anni. Per il Centro Studi Prospettive Economiche Internazionali francese (CEPII), l’Italia subirà una contrazione del PIL dell’1.20%.
Fin qui gli aspetti diretti. Quelli indiretti appaiono ancor più problematici: la promessa di Trump di colpire anche i beni cinesi fino al 60% potrebbe spingere le aziende asiatiche a dirottare i beni originariamente destinati al mercato USA verso il mercato europeo, con conseguente riduzione dei prezzi per i consumatori finali europei e dei margini di molte aziende in Europa (da notare che i veicoli elettrici cinesi subiscono negli USA una tariffa del 100%).
L’ipotesi di una ritorsione è problematica ed improbabile perché’ il 25% dei beni che l’EU importa dagli USA è costituito da petrolio, carbone e gas naturale. Tali beni non verranno assoggettati ad una nuova tariffa e stesso dicasi per i prodotti farmaceutici. L’Europa potrà ricorrere ad una ritorsione commerciale contro la Cina (come ha fatto nel passato) anche se alcuni beni sono già assoggettati ad alte tariffe (i veicoli elettrici cinesi, ad esempio, entrano in Europa con una tariffa del 35.3%).
2. Quale lo scenario politico?
Premesso che nel diritto USA esistono solo tariffe (e non, come nel diritto italiano, dazi e tariffe), le dichiarazioni di Trump in tema di nuove tariffe, durante e dopo la campagna elettorale, hanno il fine, a seconda di molti osservatori, di obbligare aziende e governi stranieri a rinegoziare la propria posizione. Le tariffe, come noto, hanno un fondamento politico. Trump e il suo entourage hanno promosso le tariffe con una estesa campagna di comunicazione attraverso la stampa – tradizionale e digitale – e i social media: nel fare ciò hanno cercato di convincere i consumatori americani dei grandi benefici interni che le tariffe produrranno. Gran parte degli esperti di economia e storia economica non sembra concordare con tale previsione. Mentre per ora Trump le considera una espressione di ‘protezionismo patriottico’ e, soprattutto, uno strumento potente per fini geopolitici, saranno i consumatori finali coloro che decideranno sulla bontà di tale policy. Ciò che conta, per le aziende italiane che esportano i loro prodotti negli USA, è prestare attenzione alle policies di breve periodo e ricalibrare – sulla base di una chiara conoscenza delle opzioni a disposizione – le proprie operazioni commerciali per mantenere solidità e continuità.
3. Quali i presupposti legali?
L’articolo I Sezione 8 della Costituzione USA conferisce al Congresso il potere esclusivo di legiferare in tema di tariffe. Tuttavia, nel corso del tempo, il Congresso in alcune circostanze ha delegato questo potere al Presidente degli USA. Il Presidente potrebbe far ricorso alla Sezione 301 del Trade Act (1974) (come è accaduto per l’introduzione di nuove tariffe sui beni cinesi); oppure alla Sezione 232 del Trade Expansion Act (1962) (così è stato per l’importazione di acciaio ed alluminio). Il Presidente USA potrebbe utilizzare anche la Section 203 dell’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA), che è ancora più rapida poiché’ non richiede un’investigazione da parte di agenzie federali qualora il Presidente abbia concorrentemente dichiarato uno stato di emergenza nazionale ai sensi del National Emergency Act (NEA).
Il panorama normativo diventa ancor più articolato se si fa riferimento all’insieme di disposizioni correlate a quelle tariffarie, tra cui: le disposizioni relative alle esenzioni e agli appelli; le disposizioni sanzionatorie; le azioni adottate dalla CFIUS (la commissione USA che vaglia l’ammissibilità degli investimenti stranieri negli USA); le azioni che verranno adottate per la modifica delle regole sul nearshoring; la rinegoziazione di accordi bi- o multi-laterali attualmente in essere (in special modo quelli con il Canada ed il Messico).
4. Quali le ripercussioni e le soluzioni per prepararsi al meglio?
Con molta probabilità un gran numero di aziende italiane ed europee che operano negli USA dovrà verificare se i propri prodotti e servizi saranno assoggettati alle nuove tariffe o meno e, in caso affermativo, decidere in breve tempo come rispondere. Poiché’ la nuova amministrazione Trump sceglierà i beni e servizi oggetto di nuove tariffe in maniera arbitraria ed imprevedibile, i tempi di reazione delle aziende colpite faranno la differenza in termini di competitività e successo nel mercato USA. Le aziende che predispongono oggi un piano di reazione saranno in grado di metterlo in atto e pertanto navigare con successo i prossimi quattro anni.
Esistono soluzioni diversificate, ben testate e ritagliate su misura.
Per ogni ulteriore informazione, è possibile contattare lo studio legale Melchionna PLLC di New York che assiste tradizionalmente la clientela internazionale sul mercato Nord Americano. Melchionna PLLC è affiliato a GA.
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