Diritto processuale civile
- Opposizione a decreto ingiuntivo e possibilità per l’opposto di proporre nella comparsa di risposta domande alternative a quella introdotta in via monitoria.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 26727 del 15 ottobre 2024, ha affermato che, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta domande alternative rispetto a quella avanzata nella fase monitoria, purché tali domande trovino il loro fondamento nel medesimo interesse che aveva sostenuto la proposizione della originaria domanda nel ricorso per l’ingiunzione. Ciò risponde a finalità di economia processuale e di ragionevole durata del processo, nonché al principio di parità delle parti nel contraddittorio. La proposizione da parte dell’opposto di domande alternative, se non correlata all’evoluzione difensiva dell’opponente, deve avvenire tempestivamente nella comparsa di risposta e non può essere riservata fino alla memoria ex art. 183, co. 6, c.p.c., limitandosi a quest’ultima le sole reazioni alle difese postume dell’opponente.
- Istanza di verificazione della firma disconosciuta anche se negli atti c’è la fotocopia della scrittura.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 32670 del 16 dicembre 2024, ha affermato che qualora sia fatta valere in giudizio una scrittura privata e sia prodotta la copia fotostatica della stessa, anche se la conformità di tale copia all’originale del documento non sia disconosciuta, la parte contro la quale la scrittura è prodotta può comunque disconoscere la propria sottoscrizione in calce alla stessa e, in tal caso, quella che l’ha prodotta ne può chiedere la verificazione, richiesta che è senz’altro ammissibile, mentre l’eventuale mancata acquisizione al giudizio dell’originale del documento prodotto in copia fotostatica incide solo sul possibile concreto esito di tale verificazione (in particolare, mediante perizia grafologica da espletarsi sull’originale del documento), restando comunque possibile la dimostrazione dell’autenticità della sottoscrizione stessa con ogni mezzo di prova, anche mediante presunzioni
Diritto bancario
- La banca può far credito al debitore principale solo col sì del fideiussore anche se i due sono parenti.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 27857 del 29 ottobre 2024, ha affermato che in tema di liberazione del fideiussore per obbligazione futura non si può attribuire valenza di prova presuntiva sulla situazione debitoria – ai fini della specifica autorizzazione richiesta dall’articolo 1956 cod. civ. – alla sola esistenza di un rapporto di parentela o di affinità, ribadendo come l’onere di richiedere quell’autorizzazione non sussista quando nella stessa persona coesistono la qualità di fideiussore e quella di legale rappresentante della società debitrice principale.
- Scatta il risarcimento se la banca chiede il rientro dopo l’abusiva segnalazione alla Centrale rischi.
Con l’Ordinanza n. 29252 del 13 novembre 2024, la Corte di Cassazione ha affermato che in tema di abusiva segnalazione della società alla Centrale rischi gestita dalla Banca d’Italia, fermo restando che il danno subito in conseguenza della segnalazione a sofferenza ben può essere provato anche a mezzo di presunzioni, deve essere cassata con rinvio la sentenza d’appello che nega il risarcimento del danno al fideiussore, socio e amministratore di detta società laddove è evidente che agli atti del giudizio emergono indizi da cui poteva dedursi il nesso di causalità tra la segnalazione e la revoca degli affidamenti in precedenza concessi alla debitrice principale e del conseguente pregiudizio risentito dal garante, essendo tra la segnalazione e la revoca degli affidamenti intercorso un breve lasso di tempo.
- Sussiste la responsabilità della banca che non segnala al cliente le operazioni anomale sul conto corrente.
Con l’Ordinanza n. 31052 del 4 dicembre 2024, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui, in tema di conto corrente bancario, ancorché all’istituto di credito non faccia capo un dovere generale di monitorare la regolarità delle operazioni ordinate dal cliente, nondimeno, in applicazione dei doveri di esecuzione del mandato secondo buona fede ex artt. 1175 e 1375 cod. civ., ad esso è ascritto un obbligo di protezione che, ogni qualvolta l’operazione appaia ‘ictu oculi’ anomala e non rispondente agli interessi del correntista, impone di rifiutarne l’esecuzione o, quantomeno, di informare il cliente.
Diritto societario
- La nullità del patto parasociale per violazione del divieto di patto leonino.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 27283 del 22 ottobre 2024, ha affermato che non costituisce violazione del divieto di patto leonino di cui all’art. 2265 cod. civ., in quanto valido e meritevole di tutela, il patto parasociale che, attraverso un’opzione put, consenta ai soci di vedersi garantita la remunerazione del valore della partecipazione ad un prezzo predeterminato. In particolare, secondo la Suprema Corte, non rientrano nel divieto suddetto quelle clausole che stabiliscono una partecipazione agli utili o alle perdite non proporzionale al valore della propria quota. L’elemento caratterizzante del patto leonino consiste nello ‘stravolgimento’ del ruolo del socio che sia totale e costante, che in tal caso mancherebbe avendo, l’esclusione dalle perdite per la durata della carica di socio, da pare del cessionario delle azioni, carattere meramente parziale ed eventuale.
- Il differimento del termine per l’impugnazione nella sospensione societaria
Con l’Ordinanza n. 27727 del 25 ottobre 2024, la Corte di Cassazione ha confermato che il differimento del dies a quo per impugnare la delibera di esclusione del socio si realizza soltanto a condizione che il socio escluso, dopo l’impugnazione stragiudiziale, abbia effettivamente dato corso al procedimento endoassociativo, perché solo a questa condizione può attendere tale determinazione per impugnare la delibera di esclusione davanti l’autorità giudiziaria, sino a tale momento restando sospesa la decorrenza del termine ex art. 2533 c.c. per consentire al collegio di “probiviri” di espletare la funzione di prevenzione della controversia (ovviamente restando salva la facoltà di impugnazione giudiziale immediata, nelle more del predetto procedimento endosocietario).
- Successione nella società cancellata dal registro delle imprese
La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 29812 del 19 novembre 2024, ha affermato che l’estinzione della società, conseguente alla volontaria cancellazione dal registro delle imprese, non può comportare anche l’estinzione dei debiti ancora insoddisfatti che ad essa facevano capo perché in tal modo si finirebbe col consentire al debitore di disporre unilateralmente del diritto altrui, facendo venir meno le garanzie prestate da terzi. Di conseguenza, secondo tali decisioni, la responsabilità dei soci, prevista dall’art. 2495 cod. civ., implica un meccanismo di tipo successorio, che ha lo scopo di impedire che la società debitrice possa, con un proprio comportamento unilaterale sottratto al controllo del creditore, espropriarlo del proprio diritto.
Diritto fallimentare e concorsuale
- Prededucibile il credito del professionista per il concordato se il fallimento deriva dalla stessa crisi.
Con l’Ordinanza n. 26159 del 7 ottobre 2024, la Corte di Cassazione ha affermato che la prededuzione, per sua natura accordata ad un credito nel contesto processuale in cui il relativo titolo trae origine (includendone l’area preparatoria), sopravvive in una procedura concorsuale diversa che segua la precedente se sussiste una consecuzione fra le stesse; la precedenza di pagamento così riservata al credito di massa permane anche al di fuori del perimetro procedurale d’insorgenza, ed in rapporto ai cui scopi l’attività sia stata prestata, se la finale regolazione della procedura di sbocco disciplini un fenomeno giuridico unitario, per identità di soggetti e di requisito oggettivo, non risultando decisivo l’intervallo temporale in sé tra la chiusura di una procedura e la dichiarazione di fallimento, purché si tratti di un intervallo di estensione non irragionevole.
- Il termine di prescrizione per l’azione revocatoria da parte di una società in amministrazione straordinaria inizia dal momento dell’approvazione del programma di cessione dei beni aziendali.
Con l’Ordinanza n. 27454 del 23 ottobre 2024, la Suprema Corte ha affermato che il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione revocatoria da parte di una società in amministrazione straordinaria decorre dal momento dell’approvazione del programma di cessione dei beni aziendali e non dalla nomina del commissario straordinario, poiché l’art. 49 del D.lgs. 270/1999, nel disporre che l’azione revocatoria fallimentare può essere proposta dal commissario straordinario “soltanto se è stata autorizzata l’esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali”, prevede l’avveramento di una specifica condizione per l’esercizio dell’azione stessa.
- Il fallimento della società irregolare è esteso a tutti i soci illimitatamente responsabili.
La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 28650 del 7 novembre 2024, ha confermato che la distinzione fra la categoria dei soci accomandatari, illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali, e quella dei soci accomandanti, responsabili nei soli limiti della quota sociale, è mantenuta ferma dall’art. 2317, co. 2, cod. civ. anche nel caso di società in accomandita irregolare non sulla base del solo tenore degli accordi interni fra i soci, ma sul presupposto dell’estrinsecazione dell’accordo sociale, pur in presenza dell’inosservanza dell’onere formale dell’iscrizione nel registro delle imprese; ne consegue che, perché operi la distinzione fra soci accomandatari e soci accomandanti è necessario che la società operi sotto una ragione sociale che ne enunci la natura di accomandita semplice.
Proprietà intellettuale e Privacy
- Persona fisica e diritti della personalità.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 26992 del 17 ottobre 2024, ha confermato che in materia di trattamento di dati personali, il principio dell’alternatività del ricorso all’Autorità giudiziaria rispetto a quello dinanzi al Garante (previsto nell’ipotesi in cui i due ricorsi abbiano lo stesso oggetto), per essere compatibile con l’art. 24 Cost. deve essere inteso nel senso che può trovare applicazione solo quando le due domande siano tali che, in ipotesi di contestuale pendenza davanti a più giudici, potrebbero essere assoggettate al regime processuale della litispendenza o della continenza, con la conseguenza che il provvedimento sanzionatorio emesso dal Garante per la violazione delle norme sulla riservatezza non può avere alcun effetto preclusivo o vincolante nel giudizio civile promosso dall’interessato per il risarcimento dei danni, svolgendosi i due giudizi su piani diversi e dovendo il danno civile essere sempre allegato e dimostrato.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva fatto discendere la responsabilità sul piano civile, in via automatica, dall’accertamento dell’illiceità della condotta tenuta dal titolare del trattamento svolto dal Garante con il provvedimento sanzionatorio.
- Il verbale di contestazione del Garante Privacy nel regime transitorio equivale a titolo esecutivo.
Con la Sentenza n. 28920 dell’11 novembre 2024, la Suprema Corte ha affermato che in tema di protezione dei dati personali, l’art. 18 D.lgs. n. 101/2018 ha introdotto un meccanismo di risoluzione agevolata dei procedimenti sanzionatori per violazione degli artt. 161, 162, 162-bis, 162-ter, 163, 164, 164-bis, co. 2, D.lgs. n. 196/2003 (cd. Codice in materia di protezione dei dati personali) non ancora conclusi alla data di sua entrata in vigore, tale per cui, in ipotesi di loro mancata definizione e di omessa presentazione di “nuove memorie difensive”, il titolo si cristallizza nel verbale di contestazione, ove lo stesso contenga tutti gli elementi necessari a individuare una ben determinata pretesa sanzionatoria. Ne consegue che: a) il dies a quo del termine per la proposizione dell’opposizione, ex artt. 152 del menzionato D.lgs. e 10, comma 3, D.lgs. n. 150/2011, va individuato nell’ultimo momento utile per produrre le memorie suddette ai sensi del comma 4 del medesimo articolo; b) la cartella di pagamento che sia successivamente notificata costituisce non il primo atto teso a far valere la pretesa patrimoniale, bensì proprio l’atto della riscossione, la quale è consentita mediante il ruolo, stante la definitività del titolo a monte; c) al trasgressore che non si sia avvalso, nei termini sanciti dall’art. 18, rispettivamente co. 1 e 4, del D.lgs. n. 101/2018, della facoltà di pagamento della sanzione in misura ridotta, né abbia prodotto ‘nuove memorie difensive’, è precluso il rimedio della cd. opposizione recuperatoria, potendo egli impugnare la cartella suddetta solo per vizi suoi propri.
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