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17 Aprile 2025
Knowledge Management
GA Client Alert – Adottata la Direttiva “Stop the clock”
RINVIO DEGLI OBBLIGHI SU SOSTENIBILITÀ: PUBBLICATA LA DIRETTIVA “STOP THE CLOCK” (2025/794/UE)
Il 16 aprile 2025, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, la Direttiva 2025/794/UE, che contiene la prima procedura di revisione prevista dal c.d. Pacchetto Omnibus I.
Il provvedimento, in vigore dal giorno successivo alla pubblicazione in GUE, era stato approvato il 14 aprile senza modifiche sia dal Parlamento europeo (con procedura d’urgenza) sia dal Consiglio dell’UE, a testimonianza della volontà politica di garantire maggiore certezza giuridica alle imprese su rendicontazione di sostenibilità e due diligence.
La direttiva approvata, conosciuta anche come Direttiva "stop the clock", sancisce un rinvio dei termini di recepimento e applicazione di alcuni obblighi individuati da due legislazioni europee:
- Direttiva 2022/2464/UE (Corporate Sustainability Reporting Directive, CSRD) e
- Direttiva 2024/1760/UE (Corporate Sustainability Due Diligence Directive, CSDDD),
corpus normativo che si occupa della sostenibilità, degli obblighi di rendicontazione non finanziaria e sancisce l’obbligo di due diligence delle imprese aventi sede nel territorio comunitario.
Nel dettaglio, Parlamento e Consiglio hanno sostenuto la proposta della Commissione di rinviare:
- due anni l’applicazione degli obblighi di rendicontazione previsti dalla CSRD per le grandi imprese che non hanno ancora avviato la rendicontazione e le PMI quotate.
Conseguentemente, le grandi imprese con più di 250 dipendenti dovranno infatti riferire per la prima volta sulle loro misure sociali e ambientali nel 2028 (invece del 2026), relativamente all’anno finanziario precedente, mentre le piccole e medie imprese quotate dovranno fornire tali informazioni un anno dopo.
- un anno il termine di recepimento e la prima fase dell'applicazione della CSDDD per le imprese di grandi dimensioni.
I Paesi UE avranno quindi un anno in più del previsto, fino al 26 luglio 2027, per trasporre le norme nella legislazione nazionale. Il rinvio di un anno si applicherà anche alle imprese dell’UE con oltre 5.000 dipendenti e un fatturato netto superiore a 1,5 miliardi di euro, e alle aziende non UE con un fatturato superiore nell’UE a tale soglia, che dovranno applicare le norme solo dal 2028 (e non dal 2027). La stessa data di applicazione varrà per le aziende EU con oltre 3.000 dipendenti e un fatturato netto superiore a 900 milioni di euro, e le aziende non UE con un fatturato nell’UE superiore a tale soglia.
Da ultimo, il legislatore europeo specifica il dovere in capo ai medesimi Stati Membri di conformarsi alla presente Direttiva entro il 31 dicembre 2025, informandone tempestivamente la Commissione UE.
Da notare che le modifiche hanno riguardato esclusivamente i termini di attuazione, rimane invece invariato il contenuto delle suddette direttive.
Contesto
Nell'ottobre 2024 il Consiglio europeo ha invitato l'insieme delle istituzioni a portare avanti i lavori per rispondere alle sfide individuate nelle relazioni di Enrico Letta ("Much more than a market") e di Mario Draghi ("The future of European competitiveness"). Nella dichiarazione di Budapest dell'8 novembre 2024 è stato specificamente chiesto di avviare una rivoluzione di semplificazione in modo da garantire un quadro normativo chiaro, semplice e intelligente per le imprese e ridurre drasticamente gli oneri amministrativi, normativi e di informazione, in particolare per le PMI.
Il 26 febbraio 2025, a seguito dell'invito dei leader dell'UE, la Commissione ha presentato due Pacchetti: Omnibus I e Omnibus II, volti a semplificare la legislazione in vigore rispettivamente nei settori della sostenibilità e degli investimenti.
La Commissione ha proposto questi pacchetti omnibus per alleggerire le regole sulla sostenibilità e favorire la competitività delle imprese europee. L’obiettivo è creare un ambiente più favorevole agli investimenti, alla crescita e alla creazione di posti di lavoro di qualità, senza rinunciare agli obiettivi del Green Deal.
In particolare, si vuole ridurre gli oneri amministrativi del 25% (e del 35% per le PMI), rivedendo norme considerate eccessive, sovrapposte o sproporzionate. Le modifiche proposte riguardano direttive chiave come la CSRD, la CSDDD, il CBAM e il regolamento InvestEU. Il tutto è in linea con le raccomandazioni dei rapporti suddetti e la Bussola della Competitività europea.
Links utili per maggiori informazioni
14 Aprile 2025
News
Simone Mori – Nuovo Partner responsabile per la Strategic Advocacy
Simone Mori è il nuovo Partner di GA responsabile per la Strategic Advocacy. Collaborerà – a livello nazionale, europeo e internazionale – con i team di GA per sviluppare l’attività di Advocacy Strategica, con particolare riferimento ai settori dell’energia e delle infrastrutture. GA – studio legale e fiscale internazionale con 12 sedi in Italia e uffici diretti a New York, Lugano, Bruxelles, Londra e Parigi, e con un network di professionisti presenti in oltre 80 giurisdizioni nel mondo – con il Managing Partner Francesco Sciaudone, intende continuare la propria crescita con un professionista di grande esperienza e di riconosciuto valore professionale.
Simone Mori si occuperà di Strategic Advocacy, coordinando un team in grado di rispondere alle continue sfide che il contesto geopolitico e le dinamiche internazionali rendono sempre più complesse per settori come energia e infrastrutture.
Simone insegna Economia e Management dell’Energia presso la Luiss di Roma e ha un’esperienza trentennale nel settore dell'energia e delle infrastrutture, avendo ricoperto ruoli senior in aziende leader del settore energetico. Ha coordinato attività in Russia, Romania, Slovacchia e Grecia, ed è stato anche responsabile a livello globale delle politiche regolatorie, antitrust, ambientali e dell’innovazione, oltre ad aver gestito uno dei principali portafogli di carbon credits del mondo. Negli anni ha partecipato allo sviluppo dei settori elettrico e gas in oltre 25 Paesi, maturando una conoscenza unica delle dinamiche dei mercati e delle politiche energetiche in Europa e nel mondo. Alle attività di consulenza strategica e regolamentare per imprese e istituzioni finanziarie, Simone affianca l’assistenza a start-up innovative nel campo delle tecnologie green. Collabora con i più importanti think tank, come Bruegel, Centre on Regulation in Europe, il German Marshall Fund of the US e l’Observatoire Méditerranéen de l’Énergie.
“Sono davvero convinto che con Simone sapremo offrire sempre di più un servizio di consulenza legale e strategica davvero unico nei settori fondamentali dell’energia e delle infrastrutture, a livello nazionale, europeo e internazionale. Vogliamo che GA sia sempre di più un partner strategico per i nostri clienti”, ha commentato il Managing Partner Francesco Sciaudone.

8 Aprile 2025
Knowledge Management
Strumenti di tutela giuridica contro misure commerciali discriminatorie
Azione multilivello a favore delle imprese esportatrici
Premessa Generale
Le misure tariffarie introdotte dagli Stati Uniti colpiscono direttamente una serie di settori strategici europei. In particolare, sono soggetti a dazi:
- le automobili e componentistica auto, con un dazio fino al 25% ai sensi della Section 232;
- i prodotti siderurgici e in alluminio, colpiti da dazi del 25% e 10% rispettivamente;
- i prodotti agroalimentari (vini, formaggi, olio d’oliva), soggetti a dazi addizionali;
- beni manifatturieri, apparecchiature meccaniche ed elettroniche.
L’elenco completo è disponibile presso l’Ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti (USTR) e si basa sulla classificazione doganale (HS Code) e sull’origine preferenziale del prodotto.
Con l'annuncio da parte dell'amministrazione statunitense dell'introduzione di nuove tariffe generalizzate sulle importazioni – tra cui un dazio del 10% su tutte le merci importate e un ulteriore dazio del 20% sui beni originari dell'Unione Europea – si apre una fase di tensione sistemica nel commercio internazionale. Tali misure, adottate sulla base della Section 301 del Trade Act del 1974 e della Section 232 del Trade Expansion Act del 1962, sono espressione di una crescente tendenza unilaterale della politica commerciale USA.
La situazione è stata aggravata dalla recente decisione degli Stati Uniti di notificare il recesso dall'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), ai sensi dell'art. XVI:5 dell'Accordo di Marrakesh. Questa decisione comporta la cessazione degli obblighi multilaterali assunti dagli Stati Uniti, l'inapplicabilità del Dispute Settlement Mechanism (DSM) nei loro confronti e la crisi del sistema multilaterale di tutela giuridica del commercio.
Audit e gestione preventiva del rischio
In risposta, le imprese europee devono attivare tempestivamente un audit interno, finalizzato alla valutazione del rischio tariffario e alla verifica della resistenza giuridica dei propri contratti commerciali internazionali. L'audit deve comprendere:
- l’analisi degli effetti economici dei dazi sulle singole voci doganali;
- a valutazione della possibilità di trasferire l’onere tariffario;
- la verifica delle clausole contrattuali esistenti (clausole di hardship, change in law, revisione prezzi);
- la riclassificazione dell’origine doganale e l’eventuale riorganizzazione delle supply chain.
I. Public Enforcement – Azione delle Istituzioni
1. A livello dell'Unione Europea:
L’Unione Europea dispone di diversi strumenti normativi per rispondere a misure discriminatorie o coercitive adottate da Paesi terzi:
- Il Regolamento (UE) 2021/167 consente all’UE di adottare contromisure autonome in caso di violazione di obblighi internazionali;
- Il Regolamento (UE) 2023/2675 (strumento anti-coercizione) permette di reagire a pratiche coercitive con dazi, esclusione da appalti e altre misure;
- Il Regolamento (UE) 2022/2560 (FSR – Foreign Subsidies Regulation) permette di contrastare gli effetti distorsivi di sussidi esteri in appalti e investimenti.
Tali strumenti possono essere attivati previa raccolta di evidenze economiche e giuridiche da parte delle imprese, in coordinamento con le autorità nazionali e con il supporto politico del Parlamento e del Consiglio UE. In particolare, l’art. 13 dell’ACI (Strumento anti-coercizione) disciplina una raccolta di informazioni particolarmente mirata da parte, anche, delle imprese (art.13.2 “Ai fini del paragrafo 1, la Commissione informa e consulta i portatori di interessi, in particolare le associazioni che agiscono a nome degli operatori economici e i sindacati, che potrebbero essere interessati da eventuali misure di risposta dell’Unione, così come le autorità degli Stati membri coinvolte nella preparazione o nell’attuazione della legislazione che disciplina i settori che potrebbero essere interessati da tali misure”).
II. Private Enforcement – Tutela individuale
Le imprese possono esperire azioni giurisdizionali nei confronti delle autorità statunitensi:
- dinanzi alla U.S. Court of International Trade (CIT), contestando l’illegittimità di dazi sulla base dell’Administrative Procedure Act e della Commerce Clause;
- presso la U.S. International Trade Commission (USITC), chiedendo accertamenti sull’effetto settoriale delle misure tariffarie;
- mediante class actions promosse da importatori o consorzi danneggiati.
Precedenti rilevanti includono Transpacific Steel LLC v. United States (2020), con cui la CIT ha annullato dazi per violazione della separation of powers, e Aluminum Association v. United States (2021), relativo a violazioni dell’APA.
Oltre ai canali giudiziari nazionali, le imprese europee possono attivare strumenti di tutela internazionale, basati su accordi internazionali di commercio e investimento (FTAs e IIAs), trattati bilaterali di investimento (BITs) e sulla Convenzione ICSID del 1965. Sebbene il BIT Italia-USA sia stato denunciato, alcune società europee possono invocare BIT ancora in vigore firmati da Stati membri UE, come i Paesi Bassi o la Germania, beneficiando così di una 'struttura multilivello'. Non solo: è possibile che operatori economici italiani abbiano investito negli Stati Uniti tramite imprese costituite in Canada o in Messico: ciò può comportare l’attivazione dell’accordo UMSCA (in vigore dal 1° luglio 2023). L’arbitrato può essere attivato in presenza di misure assimilabili a espropriazione indiretta, violazione del trattamento equo e giusto (FET) o discriminazione.
Precedenti rilevanti includono:
- Metalclad v. Mexico: misura ambientale assimilata a espropriazione;
- CMS v. Argentina: violazione del FET per interventi normativi straordinari;
- Occidental v. Ecuador: revoca arbitraria di concessione petrolifera ritenuta espropriativa.
- Vento Motorcycles Inc. v. Mexico (6 luglio 2020): una joint venture costituita in Messico da investitori americani e colpita da dazi messicani (cd. trade-related measures) è stata ritenuta un investimento tutelabile ai sensi del NAFTA (poi sostituito dall’UMSCA).
Laddove l’investimento configuri una presenza stabile (joint venture, filiale, stabilimento), ovvero un’operazione economica di una certa durata (attraverso partecipazioni societarie e diritti contrattuali) l’arbitrato rappresenta uno strumento efficace e complementare alle azioni amministrative o giurisdizionali.
III. Arbitrato Internazionale e Trattati Bilaterali
1. Arbitrati investitore-Stato:
Le imprese europee con investimenti negli USA possono attivare procedure arbitrali sulla base dei trattati bilaterali (BIT). Il BIT Italia-USA del 1983, sebbene denunciato nel 2013, prevede una sunset clause di 10 anni che potrebbe ancora coprire investimenti effettuati prima del 2013. Alcuni BIT conclusi da altri Stati membri UE (es. Paesi Bassi, Germania) risultano ancora attivi e possono offrire accesso indiretto alla tutela ISDS.
Precedenti significativi in sede ICSID includono Metalclad v. Mexico e CMS v. Argentina, che hanno confermato la responsabilità statale per misure equivalenti a espropriazione indiretta o violazione del trattamento equo e giusto (FET).
IV. Impatti sistemici e amministrativi
1. Impatto su amministrazioni pubbliche:
Le stazioni appaltanti potrebbero trovarsi a gestire incrementi di prezzo per beni soggetti a dazi, richieste di revisione dei corrispettivi o contenziosi. Inoltre, devono valutare l’ammissibilità di operatori statunitensi ora non coperti da obblighi di reciprocità.
2. Foreign Subsidies Regulation (FSR):
Le imprese extra-UE che beneficiano di sussidi statali potrebbero essere escluse da appalti o soggette a controllo in operazioni di concentrazione. Il FSR rappresenta uno strumento di enforcement strategico nell’attuale contesto post-OMC.
V. Classificazione doganale e regole di origine
Quando un prodotto originario dell’UE viene esportato negli Stati Uniti e lì sottoposto a lavorazione, è fondamentale determinare se la trasformazione operata sia sufficiente a modificare l’origine doganale del bene. Secondo i principi del diritto doganale internazionale e della normativa WCO (World Customs Organization), si considera mutata l’origine quando si realizza una ‘trasformazione sostanziale’, che implica un cambiamento della voce doganale a livello di codice HS (c.d. 'regola del salto di voce').
Se la lavorazione effettuata negli USA è ritenuta sostanziale:
- il prodotto finale può acquisire origine USA;
- ciò può incidere sulla sua eleggibilità a benefici tariffari al momento della reimportazione in UE (es. in caso di regole di origine preferenziale);
- vi è il rischio che il prodotto venga sottoposto a dazi sia in entrata negli USA sia al momento del ritorno nell’UE, in assenza di un meccanismo di compensazione doganale.
Diversamente, se la trasformazione è meramente accessoria (es. semplice imballaggio o montaggio), l’origine rimane UE. Le imprese devono quindi predisporre audit documentali, certificazioni di origine e valutazioni tecniche accurate per prevenire rischi di contestazioni e doppia imposizione.
La determinazione corretta del codice doganale (HS code) e dell’origine del prodotto è fondamentale per stabilire l’assoggettamento ai dazi. In caso di esportazione in USA e successiva lavorazione, è essenziale stabilire se la trasformazione sia sufficiente a modificare l’origine. La mancanza di accordi preferenziali post-recesso comporta rischi di doppia imposizione e richiede tracciabilità accurata.
Conclusioni
La disgregazione dell’ordine commerciale multilaterale e l’adozione di misure discriminatorie da parte degli USA impongono un approccio integrato, fondato su audit interni, enforcement UE, strumenti contrattuali e arbitrati internazionali. Solo un coordinamento efficace tra operatori economici, istituzioni pubbliche e autorità europee potrà garantire la tutela dell’interesse economico nazionale ed europeo.